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Il cliente non ci può vedere

1) Introduzione

 

Il fatto che il cliente non ci possa vedere e che noi non possiamo vedere lui, crea, o può creare, delle difficoltà nel processo di comunicazione. Va detto che se è vero che i volti di chi comunica al telefono non sono reciprocamente visibili, è altrettanto vero che tutto ciò che trasmettiamo attraverso la nostra mimica facciale ed attraverso lo sguardo (si usa spesso dire che gli occhi sono lo specchio dell’anima), in ogni momento, e sottolineo in ogni momento, della relazione, e cioè sentimenti come: 

  • gioia 
  • tristezza 
  • collera 
  • serenità 
  • irritazione 
  • bonarietà
  • desiderio
  • etc. 

non possono, in effetti, essere inviati così come in una conversazione di tipofaccia a faccia. 

Peraltro, riflettendo su questa carenza, possiamo notare come spesso, quando parliamo al telefono, magari, amplifichiamo la nostra gestualità e la nostra mimica. 

Un segreto conosciuto da molti operatori è il legame, molto profondo, che unisce lo sguardo al sorriso. 

Sostituendo, cioè, alla mancanza della visione del nostro volto, una voce sorridente potremo, in gran parte, immunizzare questa carenza. 

2) Ma quanti muscoli ha la faccia? L’importanza del sorriso

Lo sapevate che quando ci atteggiamo al sorriso i 12 muscoli facciali impegnati condizioneranno anche la nostra VOCE allo stesso senso? 

E lo sapevate che un viso imbronciato richiede l’impegno di 65 muscoli, e che la voce che ne consegue trasmetterà al nostro interlocutore esattamente questo nostro stato emotivo? 

E chi è che ha voglia di parlare con una persona imbronciata? 

Nessuno, io no e sono certo nemmeno voi! :( 

Di contro, la buona notizia è che:

Il sorriso s’intuisce anche al telefono ;-)) 

Questa consapevolezza deve rivestire, d’ora in poi, un’ importanza fondamentale in ciascuno di noi. 

3) Il telefono è una lente d’ingrandimento

Un altro trucco è quello di trasformare il volto sconosciuto di chi vi ha chiamato o di chi chiamate, in quello del nostro cliente.

Questo ci aiuterà a disporci psicologicamente meglio nei suoi confronti.

Quando affrontiamo una relazione telefonica affrontiamo una esperienza molto diversa da una relazione fisica.

Noi non ci riflettiamo quasi più all’ennesima telefonata che ci arriva, ma se invece ci pensiamo un attimo, capiremo che la gestione di questa esperienza, deve essere sempre supportata da abilità particolari, che bisogna conoscere molto bene, per poterle applicare sempre.

Il nostro compito è quello, ad esempio, di rassicurare sempre il cliente che ha deciso di chiamare il call center.

Immaginate la relazione telefonica come una lente d’ingrandimento di ogni discorso, proprio perché non ci sono figure da vedere, visi da guardare, oggetti da toccare, ma tutto, invece, si concentra sulla voce che si percepisce e sui messaggi che da questa ci giungono, così che è più facile ricordare assai di più questi, che la persona con la quale abbiamo parlato.

Dobbiamo costantemente riflettere sul fatto che in una relazione di tipo “voce a voce” è possibile comunque percepire  ugualmente tutte le sensazioni tipiche che si possono cogliere in una conversazione di tipo “faccia a faccia”.

Concentrate, adesso, la vostra attenzione al momento in cui il cliente ci chiama.

4) Esigenza e bisogno latente – i momenti della verità

Quando un cliente decide di chiamare il call center, ha sempre una precisa motivazione (esigenza) che si basa sulla volontà (almeno all’inizio) di voler comunicare qualcosa NON a QUALCUNO, ma ad un ENTE che voi rappresentate fino al punto che, nel suo immaginario, voi in quel momento non siete solo Roberto e Paola, no, siete soprattutto l’azienda per la quale lavorate.

E’ per questo che un consulente molto famoso che si chiama Richard Normann definì questi momenti (quelli cioè quando un cliente entra in relazione con la front-line di un azienda), i momenti della verità.

Perché la percezione che il cliente avrà in questi momenti, crea, in lui, l’idea della qualità del servizio che, in generale, quell’azienda è effettivamente in grado di erogare.

Se ci caliamo, un attimo, in questa prospettiva, chi opera al call center con consapevolezza, deve riuscire, in ogni telefonata a risalire esattamente a questa volontà primaria del cliente, che spesso si cela in parole non sempre appropriate e precise.

Questo perché il cliente: 

  • non è sempre competente sulla nostra offerta
  • non conosce i nomi esatti dei nostri prodotti
  • non usa tutte le definizioni che noi, in azienda, siamo abituati ad utilizzare quotidianamente
  • spesso è agitato (ehm .. o peggio), e l’ansia, si sa, non aiuta la comunicazione

però, quando chiama noi, è sempre per una esigenza che è sempre agganciata ad un bisogno (alle volte latente) non ancora pianamente soddisfatto dall’azienda che noi rappresentiamo. 

Insomma l’operatore eccellente deve sforzarsi di corrispondere, sempre, in maniera esauriente, alle aspettative di chi ci chiama dimostrandosi una persona che:

  • non ha idee preconcette 
  • è in possesso di una sensibilità flessibile a geometria variabile 
  • è capace cioè di cogliere ogni singola componente del problema del cliente

5) Operatore “modello” vs. operatore “empirico”

L’operatore eccellente, diciamo “modello”, che vive dentro ognuno di noi, è, fino al momento che precede il vero e proprio contatto, un’immagine, una parvenza, che dovrà corrispondere a quella dell’operatore “effettivo” e cioè colui che risponde sempre con competenza. 

A fianco dell’operatore che abbiamo definito “modello” si pone normalmente l’operatore “empirico”, cioè colui che realmente agisce la relazione telefonica e che deve tentare di costringere se stesso ad adeguarsi all’operatore “modello” per riuscire nella maieutica arte di comprendere l’esigenza e, ancora meglio, i bisogni latenti del cliente.

(es. mi lamento di un mancato rimborso esigenza, mentre invece vorrei cambiare profilo tariffario bisogno latente).

Tuttavia l’agire dell’operatore “effettivo” e la sua comunicazione, saranno mediati dal confronto, inevitabile E ARRIVO A DIRE NECESSARIO, con i codici e le competenze presenti nella comunicazione e nei messaggi del cliente. 

Il rischio che si corre in questo confronto di codici, in parte differenti, è quello d’interpretare in maniera soggettiva e, parzialmente, o completamente, differente le intenzioni comunicative del cliente. 

6) Come immunizzare i limiti della relazione telefonica

Come fare allora mi direte voi?

Il segreto, in questa dinamica, è sempre quello più antico del mondo. 

Avvicinarsi il più possibile all’immagine che il cliente si è fatto di noi, ovvero aprirsi ad ascoltare le sue motivazioni sia a livello cognitivo che a livello emotivo. 

Dobbiamo, cioè, paradossalmente, sfruttare tutte le opportunità che l’assenza del contatto visivo  ci offre.

La comunicazione in assenza visiva, infatti, amplifica molte altre percezioni, così che gli aspetti della meta-comunicazione assumono maggiore valenza.

Dovremo quindi prestare la massima attenzione al tono della voce del nostro interlocutore, il suo orientamento ad ascoltare piuttosto che a parlare, alla quella che ci sembra essere la sua sincerità, a segnali come il suo respiro (un cliente agitato respira più affannosamente), alle incertezze, alle trepidazioni ecc. 

Un’altra rilevante limitazione della comunicazione telefonica è l’impossibilità di valutare la situazione prossemica, di valutare cioè i gesti ed i movimenti del nostro interlocutore che invece nella relazione di tipo “faccia a faccia” sostengono e colorano la comunicazione. 

Questo tipo di comunicazione (la comunicazione prossemica) può essere sostituito, nella relazione telefonica, da: 

  • le parole che userete (cercate di essere esatti, precisi) 
  • dal registro linguistico utilizzato (cercate un linguaggio facilmente comprensibile) 
  • dal livello della vostra lingua (non è offensivo dirsi queste cose, credetemi) 
  • dalla musicalità della vostra voce
  • dalla dizione. 

Lo so che pensate che sono ancore accademiche, teoriche, e che vorreste dirmi: “Roberto, ma vieni tu a farti un turno il lunedì mattina qui al call center”. 

Eppure, vi assicuro, che se mai dovessi decidere di fare questa esperienza, io cercherei di applicare esattamente queste ancore. 

L’assenza di gesti può essere addirittura peggiorata: 

  • un ritardo nel rispondere 
  • un improvviso cambiamento di tono 
  • una esitazione 

sono tutti segnali minimi in una relazione di tipo “faccia a faccia, ma che, in quella telefonica, vengono tutti, immediatamente, percepiti ed amplificati. 

7) Come sfruttare al massimo la nostra arma: la VOCE

Prendiamo l’elemento base del parlare: LA VOCE.

Quanti sono i modi con i quali chi ci ascolta può giudicare la nostra voce?

Vediamone subito alcuni e domandiamoci:

  • quale può essere l’effetto sul nostro interlocutore?
  • e su di noi?

Pronti?

Allora:

acuta, debole, esile, fioca, forte, grave, profonda, robusta, tenue, viva, chiara, argentina, chiara, cristallina, rauca, sommessa, squillante, stridula,  stentorea, allegra, mesta, carezzevole, commossa, dolce, suadente, sgarbata, sorridente, fredda, stizzosa, gutturale, nasale.

Ed in quanti modi possiamo utilizzare la nostra voce?

Pronti?

  • con un filo di voce, fioca, appena percettibile
  • essere afono, non riuscire cioè a mandare via la voce
  • gridare con quanta voce abbiamo in corpo, urlando a squarciagola con tutta l’energia che abbiamo
  • cambiare voce, mutandone il timbro, gridando magari talmente forte che il nostro interlocutore non riesce nemmeno a capire le parole per controbattere quello che stiamo dicendo
  • fare la voce grossa per fare valere la nostra autorità 

Insomma, quello che cerco di dire, è che dobbiamo, nella relazione telefonica, prestare la massima attenzione alla voce del cliente ed, ancora di più, a come utilizziamo la nostra.

Ricordiamoci che ogni comunicazione ha in se il potere di generare un cambiamento nella relazione tra emittente e ricevente.

Ogni dissonanza  rispetto agli obiettivi ed alle motivazioni del cliente può essere anche motivo di interruzione del suo rapporto con noi, e compromettere ogni futura relazione.

8) La gestione del tempo

La conversazione telefonica è sempre limitata dal tempo.

Acc. Che ho detto.

Il telefono può diventare un costo se lo strumento non viene adeguatamente sfruttato.

Anche se il costo della telefonata è gratuito, così non è il tempo del nostro interlocutore, e per quello che attiene alla nostra singola conversazione con lui. 

Il tempo, in un call center, è una risorsa economica.

Inoltre, e chiudo, la percezione che del tempo ha chi telefona è diversa.

Perché questo tipo di strumento è vissuto come un vincolo che impone la precedenza su ogni altro evento, accelerando le nostre operatività.

Il dialogo diventa più serrato e si corre spesso il rischio di perdere elementi significativi di ciò che ascoltiamo, o, peggio, di ciò che intendiamo dire.

Ma il professionista della comunicazione telefonica sa che solo attraverso un ascolto attento, attivo, come si dice in gergo, si evita il rischio di perdere elementi preziosi e sa, per questo, applicare un attenta gestione delle domande, per essere certo che l’interlocutore abbia detto tutto ciò che ci deve dire, o meglio che aveva nella sua motivazione primaria, intenzione di dire.

Ma questo è l’argomento del prossimo post sulla comunicazione telefonica:

ASCOLTARE ATTIVAMENTE IL CLIENTE.

 

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Roberto Bernabo'
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