Una riflessione a cura di Roberto Bernabò
Introduzione
Per millenni, l’uomo ha lottato contro l’oblio. Ha inciso la pietra, scritto su pergamene, raccolto libri in biblioteche, nella speranza che il tempo non si portasse via la sua voce. Ma ogni supporto, per quanto resistente, era destinato a deteriorarsi.
Il sapere doveva essere copiato, tramandato, protetto dal fuoco, dall’umidità, dall’incuria.
Il passato era in qualche misura fragile.
La rivoluzione del digitale
Oggi, il digitale ha ribaltato questa fragilità, offrendo un’illusione di eternità.
Una canzone, un filmato, una voce registrata, nulla sembra più dover scomparire.
Basta un clic … e il tempo si dissolve: il passato torna presente, cristallizzato in una replica perfetta.
Possiamo rivedere John F. Kennedy mentre pronuncia il suo discorso a Berlino, ascoltare le note di David Bowie come se fosse ancora tra noi, rimanere incantati davanti a una scena girata un secolo fa con la stessa freschezza del giorno in cui fu catturata.
Il paradosso
Ma c’è un paradosso inquietante in tutto questo.
Se da un lato il digitale ci regala la sensazione di riuscire a bloccare il tempo, dall’altro ci dimostra, in modo crudele ed inequivocabile, quanto esso scorra, invece, in maniera inesorabile.
Possiamo rivedere un volto giovane, una voce viva, vedere e rivedere facendola ripartire, la performance di un determinato artista, e sapere, nel contempo, con assoluta certezza, che quella persona non esiste più.
Possiamo immergerci in un concerto di un musicista scomparso, sentire le stesse emozioni, ma con la consapevolezza che è solo un’ombra del passato.
Il digitale non è solo un archivio: è un fantasma perfetto.
Non dimentica, non invecchia, non si decompone.
Ma non è vivo.
Conserva le tracce di ciò che è stato e, nel farlo, ci costringe a confrontarci con la nostra finitezza.
Ci permette di rivedere il passato, ma non di fermare il presente.
E così, mentre crediamo di afferrare l’eterno, ci rendiamo conto che il tempo ci scivola tra le dita più velocemente di prima.
Forse il vero inganno del digitale è proprio questo: farci credere che qualcosa possa durare per sempre, quando in realtà nulla può sfuggire al tempo.
Nemmeno noi.